Che cosa resterà …
…di noi dopo il fatale trapasso? Un domanda cui nessuno ovviamente può rispondere se non i credenti che sperano di trasferire il proprio alloggio nell’ignoto (possibilmente empireo) ma che non trova alcuna risposta in quelli che invece sono inguaribili positivisti/razionalisti (categoria cui appartengo). Ma oggi per tutti c’è almeno una sorta di immortalità terrena. Mi riferisco ai “social “ove le persone permangono anche se decedute. Nei “social” si entra ma non si esce se non per esplicita volontà. Credo che a tutti sia capitato di guardare il proprio profilo e scoprire che non è stato aggiornato da tempo e che non lo sarà automaticamente restando a futura memoria. L’aumento delle potenzialità di immagazzinamento dei databases sembra in grado di tenere il passo con l’aumento della popolazione mondiale e degli utenti così come le tecniche di data retrieval. Insomma, volenti o nolenti ci siamo creati un surrogato di immortalità artificiale e mi sembra molto strano che i sociologi non abbiano affrontato (almeno a mia conoscenza) questo problema che ha inevitabili influenza sulla nostra società. Personalmente non sono entusiasta della cosa perchè sopravvivere artificialmente al fatale trapasso non mi alletta ma temo che non ci sia soluzione a meno di non stabilire fittiziamente una specifica data di conclusione della nostra esistenza (ma temo che molti farebbero di nascosto il segno delle corna). Riflessioni di una mattina nella quale la voglia di iniziare le proprie occupazioni stenta a farsi luce.
(Giovanni Neri – 77)
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