L’Irlanda resiste al vento del populismo. …
….. Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo inviato da Dublino dal nostro follower Marcello Pierdicchi là attualmente residente
…….. Agli occhi di un osservatore italiano, ma anche francese o tedesco, è abbastanza sorprendente notare che in questo angolo di Europa, fino a poco tempo fa segnato da sanguinose divisione etniche, parole come sovranismo, difesa dei confini e nativismo, siano del tutto assenti dal dibattito politico.
Venerdi’ 24 maggio gli irlandesi si recheranno alle urne per riaffermare la loro convinta appartenenza all’Unione Europea. Nessuno dei principali partiti politici, infatti, presenta nei propri programmi rivendicazioni anti-europeiste o posizioni apertamente contrarie all’immigrazione. La Brexit che rappresenta la grande incognita sul futuro politico ed economico dell’Isola di Smeraldo, ha rafforzato ulteriormente il sentimento pro-Bruxelles. La “questione irlandese” e’ diventato infatti il nodo centrale ed irrinunciabile per la UE nella trattativa con Londra.
Ma a scongiurare l’insorgere di movimenti politici populisti e di estrema destra è stata sopratutto l’economia. Agli inizi degli anni 90 l’Irlanda era una dei paesi piu’ poveri del mondo occidentale, con un Pil pro capite pari alla metà di quello italiano. Oggi l’economia dell’isola cresce a ritmi paragonabili solo a quelle del sud-est asiatico e gli irlandesi sono tra i piu’ ricchi del mondo. Quinti secondo il Fondo Monetario Internazionale. La drammatica crisi economica-finanziaria che ha colpito duramente l’Irlanda dieci anni fa e’ stata riassorbita velocemente e la Tigre Celtica e’ tornata a ruggire come ai bei tempi. Il continuo allargamento delle classe media e una forte mobilità sociale hanno finora impedito l’attecchimento del populismo.
Certamente il generoso sistema di tassazione verso le aziende – aliquota del 12,5% sugli utili delle società – ha fatto da propulsore, trasformando Dublino nell’hub europeo preferito dalle multinazionali dell’IT. Ma l’impetuosa crescita economica non si spiegherebbe senza considerare anche il cambiamento culturale che si e’ verificato in Irlanda negli ultimi due decenni. Il riconoscimento dei matrimoni tra lo stesso genere nel 2015 e la legalizzazione dell’aborto nel 2018 sono stati la conclusione di un cammino iniziato nel 1995 con l’introduzione dell”istituto del divorzio.
Questa svolta liberal ha trasformato un Paese, prima chiuso in un soffocante nazionalismo bigotto, in una societa aperta, tollerante e quindi attraente per aziende e persone. Da terra di emigrazione l’Irlanda e’ diventata improvvisamente un polo di attrazione per giovani e professionisti di tutto il mondo, tanto che oggi un residente irlandese su sei e’ nato fuori dai confini nazionali.
Il giovane premier irlandese (Taoiseach in gaelico) Leo Varadkar, un medico omossessuale, figlio di un immigrato indiano, e’ il volto di questo mutamento. Il più illustre scrittore irlandese, il cosmopolita James Joyce, osserverebbe con piacere l’Irlanda contemporanea, la sua identità plurale saldamente ancorata all’Europa.
Spesso abbiamo letto che se il pensiero medio degli italiani era ancora legato a tradizioni antiscientifiche e bigotte, lo si doveva in gran parte alla mano opprimente della Chiesa. Leggendo questa finestra apetra sull’ Irlanda ( paese non meno cattolico di noi italiani) e, soprattutto, seguendola forte predicazione innovatrice di papa Francesco, mi convinco che siamo proprio primitivi, ignoranti e contenti di esserlo. Abbiamo bisogno di un governo saggio. Andiamo a votare!!!
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