Se c’era bisogno di ulteriori argomenti …
….. a sostegno dell’opposizione alle opzioni sovraniste e della richiesta di maggior governo comune a livello europeo, gli elementi forniti nell’analisi a firma di Federico Fubini (apparsa nel supplemento economico del Corriere della sera del 20 maggio) mostrano in maniera inequivocabile gli effetti negativi delle politiche del lavoro e delle politiche fiscali dei paesi dei paesi di Visegrad e in particolare dell’Ungheria di Orban.
Le scelte di bassi salari e di agevolazioni fiscali a imprese (in genere grandi gruppi industriali) che trasferissero nel paese le loro produzioni hanno messo in moto una spirale che non si può certo definire virtuosa e contribuiscono ad aumentare diseguaglianze sia nel fronte interno sia nello scenario europeo.
Sul fronte del lavoro i bassi salari hanno spinto i lavoratori più qualificati e più intraprendenti a migrare verso paesi dove la loro professionalità può essere meglio valorizzata. La conseguente carenza interna di manodopera ha costituito il presupposto per l’introduzione di norme di lavoro straordinario obbligatorio e non retribuito così da garantire i livelli produttivi attesi dagli investitori lì insediatisi. Il risultato netto è una penalizzazione delle condizioni dei lavoratori, l’innesco di una conflittualità tra lavoratori dei diversi paesi a difesa dei propri posti di lavoro e un significativo contributo ai paesi nei quali si dirigono i lavoratori migranti grazie anche al contributo, in genere sottostimato, collegabile al risparmio dei costi di formazione.
Anche i risultati delle politiche fiscali (con aliquote risibili se non addirittura nulle) non possono certo essere considerati positivi dal momento che le lavorazioni effettuate a basso costo e premiate con una bassa fiscalità costituiscono in genere una fase intermedia di una catena produttiva che trova la sua conclusione e la sua valorizzazione nei paesi di origine delle imprese contribuendo quindi positivamente ai risultati economici di quei paesi. Per ovviare al ridotto gettito fiscale proveniente dalle grandi imprese si impongono allora tasse molto alte sui consumi penalizzando di fatto i ceti medio-bassi.
Su entrambi i fronti si assiste quindi a un aumento delle diseguaglianze e paradossalmente a un trasferimento di valore verso le economie più forti, in particolare verso la Germania. L’analisi della situazione ungherese può, con i dovuti adattamenti, essere estesa anche ad altri paesi, ma è più che sufficiente a motivare la richiesta di una politica europea di armonizzazione delle politiche fiscali e di tutela del lavoro e dei lavoratori.
Troppo avvilita per commentare
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Coraggio….
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L’esigenza di armonizzazione fiscale è poi accentuata dalle disparità di trattamento poste in essere anche da alcuni paesi occidentali (Irlanda, Olanda e Lussemburgo). E’ appena il caso di sottolineare che in un contesto economico globalizzato in cui le transazioni avvengono in modo sempre più “volatile” il ricorso a prezzi di trasferimento di comodo, che spostino gli utili da un paese ad un altro, è quanto mai semplice.
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